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COSTITUZIONE, LEGGI, CCNL E LAVORO…

Fin dal primo articolo della Carta Costituzionale Italiana, le nostre madri e padri costituenti hanno voluto affermare che il LAVORO è un DI...



Fin dal primo articolo della Carta Costituzionale Italiana, le nostre madri e padri costituenti hanno voluto affermare che il LAVORO è un DIRITTO di ogni persona.

Possiamo aggiungere che su questo diritto si sviluppa l’intera esistenza delle donne e uomini che vivono nel nostro Paese.

Il lavoro favorisce l’inclusione sociale, deve essere adeguatamente retribuito per garantire la dignità della persona e il benessere del singolo, del nucleo e della comunità.

A tutte e a tutti devono essere riconosciute pari opportunità e ci deve essere contrasto ad ogni forma di violenza, sopruso e discriminazione affinché si raggiunga equità e giustizia sociale in tutti i paesi del mondo.

In Italia, i diritti delle lavoratici e dei lavoratori sono tutelati dalla Costituzione, dalle Leggi e dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro sottoscritti dalle Organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentativi.

Nel rispetto della gerarchia delle fonti normative, la Costituzione Italiana (art. 3) recita “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”

La tutela delle lavoratrici e dei lavoratori, dalla Costituzione, confluisce nella Legge n. 300 del 1970 c.d. Statuto dei lavoratori che, nel Titolo II “Della libertà sindacale” sancisce “il diritto di associazione e attività sindacale” (art. 14), ed “è nullo qualsiasi patto od atto diretto a:

a) subordinare l'occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o non aderisca ad una associazione sindacale ovvero cessi di farne parte;

b) licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione o attività sindacale ovvero della sua partecipazione ad uno sciopero.

Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresì ai patti o atti diretti a fini di discriminazione politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso” (art. 15).

L’ultimo comma è stato sostituito dalla Legge 903 del 1977.

Poi, lo Statuto dei lavoratori, con l’articolo 16 stabilisce che “è vietata la concessione di trattamenti economici di maggior favore aventi carattere discriminatorio”.
Sempre in base allo Statuto dei Lavoratori, la persona che ha subito discriminazioni sul lavoro può presentare domanda, anche tramite mandato di rappresentanza all’associazione sindacale, al pretore che “accertati i fatti, condanna il datore di lavoro al pagamento, a favore del fondo adeguamento pensioni, di una somma pari all'importo dei trattamenti economici di maggior favore illegittimamente corrisposti nel periodo massimo di un anno”.

La Legge 300/1970, da un lato, vieta ai datori di lavoro la possibilità di costituire, sostenere finanziariamente “o altrimenti, associazioni sindacali di lavoratori”; dall’altro può obbligare l’azienda alla reintegra sul posto di lavoro della lavoratrice o del lavoratore, per casi specifici e con sentenza del Tribunale competente in materia.

Lo stesso Statuto, collegato alla Legge n. 903 del 1977, stabilisce che è nullo qualsiasi atto o patto diretto a discriminare il lavoratore per motivi di sesso. Gli atti discriminatori sono dunque impugnabili secondo il rito ordinario e nell'ambito di un'azione di nullità.

Ancora oggi, nei contesti lavorativi le discriminazioni, comprese quelle di genere e di transizione di genere, sono all'ordine del giorno.

Occorre ricordare che le donne spesso ricevono retribuzioni più basse dei colleghi uomini, finanche il 20% in meno a parità di lavoro, e ricevono più spesso dei maschi proposte di lavoro part-time non richiesto.

Durante i colloqui domande “invadenti e personali” sono all’ordine del giorno. Discriminazioni vissute, subite e troppe volte NON DENUNCIATE!

Certamente, sono ancora poche le persone che rivendicano questioni di genere, donne e LGBTQIA+, e diritto alla scelta consapevole della propria sessualità.

Pian piano si registrano cambiamenti e, soprattutto le nuove generazioni, si battono per affermare e accogliere le differenze: tra i giovani uomini e le giovani donne emerge maggiore sensibilità e desiderio di riconoscere l’omosessualità come un diritto soggettivo ed essenziale per la persona, sia nel contesto di studio che in quello lavorativo.

Ricordiamoci però che, ancora oggi, ci sono difficoltà nel riconoscimento e diffusione delle unioni civili come l’effettivo riconoscimento dei diritti umani.

Ovviamente, per orientamento sessuale intendiamo la capacità di ciascuno di provare una profonda attrazione emotiva, affettiva e sessuale verso individui di sesso diverso, dello stesso sesso o di entrambi i sessi e di instaurarvi una relazione intima.

Per LGBT si intendono persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender che ogni giorno vivono, studiano, lavorano, amano, ridono e piangono per le emozioni, esperienze positive e negative che ogni giorno ci riserva!

In molte aziende, a prescindere dal ruolo e dal contratto applicato, ci sono persone che il sindacato assiste con vertenze infinite ed estenuanti per tutelare lavoratrici e lavoratori che non possono dichiararsi e rischiano di subire violenze, soprattutto emotivo-psicologiche.

Questa situazione va affrontata, gestita e superata per cambiare il mercato del lavoro italiano, a partire dalla valorizzazione delle differenze, delle competenze ed affrontando anche i bisogni e le specificità relative a salute e sicurezza di genere.

Come SOL CGIL ci confrontiamo quotidianamente con persone che pur di lavorare ed avere un contratto di lavoro, anche precario, rinunciano ad esprimere i propri bisogni e desideri.

Riteniamo che la tutela legale e giuridica delle persone LGBT contro la discriminazione – spesso, molto spesso – non basta ad affrontare adeguatamente i problemi che si incontrano quotidianamente nella comunità e nel contesto lavorativo.

Occorre un impegno diffuso, a partire dai primi anni di vita dei bambini, alla scuola, Università, contesti lavorativi e sociali per ottenere un cambiamento diffuso in grado di valorizzare le differenze, qualunque esse siano, riconoscendo la persona come soggetto di diritto.