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NEET: UNA PLURALITÀ DI BISOGNI DA AFFRONTARE ATTRAVERSO UN APPROCCIO INTEGRATO E COORDINATO

L'Italia è il Paese europeo con il più alto numero di NEET , ossia giovani dai 15 ai 34 anni che non lavorano, non studiano e non sono i...


L'Italia è il Paese europeo con il più alto numero di NEET, ossia giovani dai 15 ai 34 anni che non lavorano, non studiano e non sono in formazione professionale. Questo è il quadro allarmante presentato nel rapporto ActionAid e CGIL "NEET tra disuguaglianze e divari. Alla ricerca di nuove politiche pubbliche", pubblicato lo scorso otto Novembre.

Nonostante la drammaticità di questo dato, basato sulle rilevazioni Istat effettuate nel 2020, a livello pubblico il tema viene spesso affrontato attraverso le solite narrazioni sui giovani, tant'è che nel Rapporto si afferma che si è arrivati a "parlare di Generazione NEET, come descrittivo di un'intera generazione." In realtà un NEET può essere sia un soggetto fiducioso che sta cercando un'occupazione in maniera attiva ed energica, ma anche una persona scoraggiata che non ha risorse psicologiche, familiari e culturali per trovare un lavoro.

Per fotografare in maniera dettagliata l'universo dei NEET, lo studio ne descrive quattro categorie:

La prima fa riferimento ai giovanissimi fuori dalla scuola, con un'età dai 15 ai 19 anni, senza precedenti esperienze lavorative e inattivi. Non percepiscono un sussidio, hanno la licenza media e vivono in un nucleo familiare composto da una coppia con figli.


La seconda, la più numerosa, raffigura i giovani alla ricerca di una prima occupazione che hanno dai 20 ai 24 anni. Si tratta di soggetti NEET, principalmente maschi, senza precedenti esperienze lavorative, spesso residenti nelle regioni del Mezzogiorno, con cittadinanza italiana, il diploma di maturità e appartenenti ad un nucleo familiare monogenitoriale.


Il terzo gruppo è quello di coloro che sono stati in precedenza occupati e attualmente in cerca di un nuovo lavoro, con un'età dai 25 ai 29 anni. Sono principalmente maschi, con un alto livello di istruzione appartenenti ad un nucleo familiare single, percepiscono un sussidio di disoccupazione e vivono nelle regioni del Centro Italia.


L'ultima categoria corrisponde agli scoraggiati, dai 30 ai 34 anni, quindi i cosiddetti giovani adulti che hanno già avuto delle esperienze lavorative e ora inattivi, principalmente residenti nelle regioni del Nord Italia e in aree non metropolitane.

Il quadro presentato mostra un ampio range generazionale e, di conseguenza, la necessità di tener conto di tutte le specificità di ogni singolo target, non solo l'età, nella costruzione di soluzioni efficaci e sostenibili per affrontare questo fenomeno. È proprio nella direzione di una "presa in carico individualizzata" infatti che vanno le raccomandazioni rivolte al Governo che ha il compito di riorganizzare le politiche pubbliche del lavoro e trovare una risposta adeguata alla situazione di svantaggio vissuta dalle nuove generazioni, programmando interventi innovativi. Inoltre, tra le "condizioni abilitanti" che potrebbero favorire il miglioramento delle politiche pubbliche rivolte ai giovani, il rapporto fa riferimento all'urgenza di "rafforzare un sistema a rete nei territori capace di agire in modo integrato e di intercettare le e i giovani, soprattutto quelli in condizione di maggiore vulnerabilità spesso invisibili, dar loro voce, rappresentanza e garantire la partecipazione e la piena inclusione sociale".

Per il SOL CGIL, la necessità di agganciare i giovani più distanti dai servizi e dalle opportunità e, dunque, di stanare i NEET e offrire loro uno spazio di dialogo, ha da sempre rappresentato un obiettivo prioritario. Così come riteniamo fondamentale creare una rete con i diversi soggetti istituzionali coinvolti nelle politiche attive per riuscire ad agire in maniera integrata e coordinata, con lo scopo di costruire percorsi personalizzati in base alle caratteristiche specifiche dei giovani NEET. 

All'interno di questo "sistema a rete", dunque, la presenza nelle Camere del Lavoro del SOL rappresenta un importante punto di riferimento su tutto territorio nazionale, in particolar modo per i  profili più vulnerabili, demoralizzati e lontani da qualsiasi contatto con i centri per l'impiego e con gli enti di formazione. Non solo, se pensiamo che "gli scoraggiati" sono solo uno dei profili possibili, come sindacalisti dell'orientamento al mercato del lavoro, possiamo accompagnare i giovani "nelle fasi di orientamento" e nella "costruzione di un progetto professionale ed esistenziale che aiuti una e un giovane a gestire le transizioni e a sviluppare un filo conduttore nella propria identità lavorativa" e di vita.