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RACCONTO DAL TERRITORIO: ESPERIENZA E BUONA PRASSI TRA ACCOGLIENZA E DIRITTI

Il racconto inizia con un territorio che ha provato a mettersi in gioco , con dei volontari competenti in diversi ambiti tra i quali la form...



Il racconto inizia con un territorio che ha provato a mettersi in gioco, con dei volontari competenti in diversi ambiti tra i quali la formazione e il lavoro: dall’opportunità al colloquio in presenza con traduttrici (signore ucraine residenti nella zona da anni) che si sono rese immediatamente disponibili per l’attività di mediazione culturale e linguistica, per sottoscrivere un contratto di lavoro stagionale sicuro e regolare.

Al momento dello scoppio della Guerra in Ucraina alcuni cittadini delle Giudicarie esteriori, metà montagna del Trentino occidentale, iniziano ad organizzare raccolta di viveri, farmaci e vestiario/coperte - a livello paesano o associativo - perché non intendono rimanere indifferenti ed inermi a quanto sta accadendo nel cuore dell’Europa.

In pochissimo tempo - dinnanzi ad una guerra crudele e ingiusta che si profilava “lampo”, in realtà prosegue, s’intensifica e si aggrava di violenze nei confronti di donne e bambini – i Parroci della zona Don Gianni Poli e Don Sergio Nicolli riescono a mettere in rete le persone sensibili che si sono organizzate spontaneamente con il supporto dei paesani, interpellano le associazioni di volontariato, i rappresentanti delle varie istituzioni per istituire il Comitato "Emergenza Ucraina Giudicarie Esteriori".

L’obiettivo è il coordinamento dei volontari con le amministrazioni dei cinque comuni, le parrocchie e gli enti istituzionalmente preposti alle emergenze per favorire e ridurre la complessità degli iter procedurali a carico di tutti coloro che vogliono dare una mano (ospitalità) e supportare i profughi con l’accompagnamento e la gestione burocratico-amministrativa per regolarizzare lo status, favorendo accoglienza e integrazione.

Al momento sono accolte prevalentemente donne con figli minori.

All’arrivo, la richiesta emergente ed impellente è la ricerca di un luogo sicuro, protetto per loro, prevalentemente donne, e i loro figli (spesso minori).

Dopo aver recuperato le energie, la richiesta che giunge forte e chiara è quella di un regolare lavoro per soddisfare i bisogni primari e rendersi utili nel paese che li accoglie: esigenza delle mamme ma giunge molto forte anche dai giovani e dalle giovani 14enni che “vogliono aiutare le loro mamme”.

Alcuni giovani, consapevoli delle condizioni familiari e dello stato in cui versa il loro paese, sono disponibili ad interrompere i percorsi di studio per lavorare perché sentono l’urgenza di contribuire e partecipare attivamente, limitando e rinviando desideri ed aspettative per il loro futuro.

Paradossalmente, trattandosi di una zona a vocazione turistico-ricettiva e termale, non sono poche le strutture che faticano a trovare lavoratori e lavoratrici da inserire nel proprio organico, favorendo – da un lato - l’incontro domanda/offerta di lavoro e – dall’altro lato - una disponibilità economica per le necessità quotidiane ma anche per l’eventuale rientro e ricostruzione delle loro città.

Le abilità e le conoscenze per lavorare nel settore ristorazione e alberghiero devono essere acquisite dalle volenterose donne, disponibili all’apprendimento, interessate alla valorizzazione e certificazione delle competenze che acquisiranno in modo formale ma anche tramite l’esperienza “in azienda”.

Il confronto ci fa riflettere sul fatto che in Ucraina l’impegno scolastico è differente dal nostro in quanto favorisce apprendimenti teorici, digitali, culturali e scientifici (dai 7 anni) per 11 anni di scuola per il conseguimento del diploma che, a seguire, consente la scelta tecnico-professionale mediante percorso universitario.


Se analizziamo le caratteristiche possedute dalle ucraine prese a riferimento, nessuna possiede competenze scolastiche nel settore, neppure l’esperienza lavorativa e la conoscenza base della lingua italiana necessaria – assieme alla motivazione - a sopperire alla mancanza di lavoratrici e lavoratori (in primis nel comparto turistico-ricettivo), favorendo il diritto di cittadinanza e il diritto soggettivo all’apprendimento anche nel periodo – breve o lungo che sia – di permanenza nel nostro Paese a causa del conflitto bellico.

Il Comitato, convergendo le svariate competenze ed esperienze professionali, ha sostenuto la necessità un corso di lingua italiana per gli ospiti ucraini: inizialmente con insegnanti volontarie del territorio per alcune ore alla settimana, ma con l’accordo nazionale sottoscritto il 9 aprile tra OO.SS e OO.DD. afferenti al CCNL della somministrazione è stato possibile avviare il primo corso sperimentale in Italia, per titolari di protezione internazionale, tra i quali i profughi ucraini.

La macchina è stata avviata velocemente ed in breve tempo è stata effettuata l’analisi e l’ideazione progettuale che hanno consentito l’organizzazione, con risorse nazionali, di un corso di italiano base di 80 ore, con la possibilità di certificare il livello A2, a seguito del superamento dell’esame in commissione, a loro riservata e prevista per il 9 giugno 2022.

L’impianto progettuale prevede anche un breve corso professionalizzante, perché si sta avviando la stagione estiva, mirato ai ruoli e alle mansioni che le lavoratrici andranno a svolgere nelle strutture turistico-ricettive: cameriere ai piani, aiuti cucina e supporto alle attività di igiene e pulizia degli spazi esterni e comuni a disposizione dei villeggianti.

Il corso si concluderà entro il 15 giugno, giusto in tempo per “mettere in pratica” i contenuti teorici nel lavoro stagionale.

I due percorsi formativi sono strutturati con punti di connessione e approfondimenti linguistici e tecnico-pratico.

In particolare, oltre agli elementi base della lingua italiana è stata condivisa l’opportunità di inserire nozioni di cittadinanza attiva, quali educazione civica, usi-costumi-tradizioni locali, elementi di salute e sicurezza nei contesti di lavoro, diritti-doveri delle lavoratrici e dei lavoratori, norme sulle pari opportunità e politiche di genere fino alla conoscenza degli attori del mercato del lavoro e le istituzioni nazionali, provinciali e locali in materia di salute, istruzione, lavoro e giustizia.

L’Accordo prevede il finanziamento fino a 150 ore per corsi di lingua italiana (massimo 100 ore), educazione civica (massimo 50 ore) e professionalizzanti n linea con il bilancio delle competenze e le esigenze formative necessarie per l’aspettativa occupazionale.

Il primo corso italiano di lingua italiana per ucraini, oggetto della sperimentazione, è realizzato presso l’Oratorio Don Bosco di Ponte Arche, in Trentino, per facilitare la partecipazione, costituendo i trasporti un problema concreto che affronteremo con l’avvio delle attività lavorative da giugno in poi presso le strutture turistico-ricettive di San Lorenzo Dorsino, Lago di Nembia e Molveno, fino ad Andalo.

Iniziativa, che assieme ad altre azioni positive, garantisce dignità ai nostri ospiti ed autonomia economica: in particolare per l’opportunità formativa riservata alle persone maggiorenni, ma anche per l’estensione delle prestazioni previste dall’ente bilaterale dei somministrati a favore degli stranieri in condizione di protezione internazionale.

Una difficoltà da rilevare è la pressione burocratico-amministrativa che gli stranieri, anche profughi di guerra, devono ottemperare con tempi, difficoltà e assenza di mezzi di trasporto per raggiungere gli uffici, procedure complesse da comprendere sia per la lingua che per le norme che regolano l’iter.

Nell’esperienza descritta, la collaborazione della struttura provinciale Cinformi è preziosa per competenza espressa ed impegno profuso: entrando in contatto con i profughi sin dall’arrivo per la formalizzazione dell’ingresso, per dare informazioni di varia natura e per fissare l’appuntamento con la Questura per il rilascio del permesso di soggiorno temporaneo e del codice fiscale, riesce, quando possibile, ad anticipare gli appuntamenti in Questura dinnanzi alla “promessa di assunzione” per il rilascio del permesso di soggiorno e del codice fiscale definitivi, necessari per contrattualizzare le lavoratrici.

In merito ai trasporti il problema è collegato all’investimento pubblico per offrire un servizio capillare, anche in Valli distanti da città e capoluoghi, sostenibile e attento alle esigenze di tutte le persone: studenti, lavoratori, villeggianti, ecc..

Il successo della sperimentazione è il risultato di un impegno congiunto e condiviso nel Comitato cittadino ma anche delle competenze e disponibilità messe a disposizione, in modo volontario per la comunità e le donne profughe di guerra, a partire dalle persone che in età lavorativa erano impegnate nei settori dell’istruzione, sanità e lavoro, dalla Sindacalista per l’Orientamento al mercato del Lavoro della CGIL del Trentino che rappresenta i disoccupati e, assieme ai componenti del NIDIL CGIL, sostiene l’impegno della categoria nella rappresentanza dei lavoratori in somministrazione con la gestione dello sportello sindacale per le domande di prestazione contrattuali.

Esperienza resa possibile, grazie al prezioso contributo politico del Segretario nazionale del NIDIL CGIL Davide Franceschin con delega al lavoro in somministrazione, e co-firmatario dell’Accordo nazionale sopracitato, e dal costante confronto tra la Responsabile SOL CGIL Valeria Podrini e il Segretario confederale della CGIL del Trentino Maurizio Zabbeni con delega al mercato del lavoro, membro in CdA dell’Agenzia per il Lavoro del Trentino ed impegnato sui temi del lavoro, della formazione e certificazione delle competenze.