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NO ALLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE, INTERVISTA A SUSANNA CAMUSSO

In occasione del 25 novembre, la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, abbiamo intervistato Susanna...


In occasione del 25 novembre, la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, abbiamo intervistato Susanna Camusso, prima donna nei 120 anni di storia della CGIL, a guidare il sindacato più rappresentativo in Italia.

Quali politiche e misure UE per nuova occupazione per le donne? In Italia le donne, continuano ad essere in vetta alla classifica dei tassi di disoccupazione - assieme ai giovani - anche per mancate politiche di investimento in ricerca, in infrastrutture e nelle aziende, nello sviluppo e nell’innovazione. È proprio la crescita del lavoro che può permettere il miglioramento delle condizioni delle donne?

Il tasso di occupazione femminile europeo è ben più alto del nostro; l’Italia è penultima per tasso di occupazione femminile ed ultima per partecipazione al lavoro delle giovani donne. In tutta Europa, però, la pandemia ha colpito maggiormente l’occupazione femminile , per questo e per la mobilitazione delle donne stesse, la Commissione ha avuto un ripensamento sui criteri di Next Generation Europe con la tardiva introduzione della raccomandazione sulle politiche di genere. I capisaldi delle strategie di genere in Europa sono da tempo il contrasto agli stereotipi con politiche educative fin dalla prima infanzia, i servizi e le politiche di condivisione ( l’Europa parla di bilanciamento non di conciliazione) del lavoro di cura che è sancito da una direttiva. Attualmente è in discussione al parlamento europeo la direttiva trasparenza sull’eguaglianza di retribuzione, il cui testo, se non verrà stravolto prevede norme e vincoli più avanzati della nostra legislazione. Non c’è dubbio che la risposta alla disoccupazione delle donne, non è solo nelle politiche sociali, serve un’idea di sviluppo fondata sul lavoro e sulla crescita del lavoro, nel contrasto alla precarietà e alla marginalizzazione del lavoro femminile.

Politiche ed azioni UE per servizi (pubblici) attivati a favore della condivisione (non solo conciliazione) dei tempi di vita/lavoro delle madri e padri, c’è ancora molta distanza tra noi e il resto d’Europa? Le donne italiane devono fare le equilibriste?

Gli obiettivi europei sulle politiche per l’infanzia sono ampiamente disattesi dall’Italia, le stesse misure del PNRR sugli asili nido non ci faranno scalare a classifica. Nei paesi più simili a noi in Europa il congedo di paternità obbligatorio, dai tre /quattro mesi in su, è una realtà consolidata. Potrei aggiungere che solo in Italia il part time involontario è cosi diffuso ed in continua espansione .
Tra le molteplici ragioni e caratteristiche che determinano la distanza tra noi e l’Europa, ne evidenzio due: la riduzione del perimetro pubblico con le esternalizzazioni e le privatizzazioni dei servizi e la ritrosia (nonostante la legge di riferimento) a considerare la scuola dell’infanzia servizi educativi e come tali diritto dei bambini e delle bambine. La seconda è la famiglia, che non a caso molti continuano a declinare al singolare, supplente del sistema di welfare, ma soprattutto intesa come gerarchia di ruoli; una visione impregnata di patriarcato che considera la cura una funzione esclusivamente femminile. Da noi la conciliazione è la lavoratrice che concilia con se stessa. Equilibrista, certo, e dobbiamo far si che non si sottostimi la fatica, gli stereotipi, ed anche i costi non solo individuali, ma collettivi basti pensare che l’infortunio più diffuso tra le lavoratrici è quello in itinere, ovvero l’esito di quell’infinito rincorrere il tempo tra il lavoro retribuito e l’accudire.

Quali azioni - secondo te - possiamo mettere in campo come CGIL, in particolare il SOL (orientamento al MdL) per incidere sul fenomeno della disoccupazione, discriminazione delle donne sia nell’accesso al mondo del lavoro che negli ambienti di lavoro con abusi, violenze e femminicidio in Italia (fenomeno che ha un'incidenza simile ai morti sul lavoro…)?

La Cgil è indubbiamente un organizzazione che sa di rappresentare uomini e donne. Fa , però, ancora molta fatica a declinare le politiche di genere a partire dalla contrattazione. E’ ancora impregnata di politiche conciliatorie delle donne con loro stesse, ce lo dicono gli accordi aziendali, ma anche la scelta dei compagni dell’organizzazione di non esercitare la paternità. Assumere davvero la contrattazione di genere è la premessa necessaria per trasformare la realtà. Un secondo elemento è interpretare la discriminazione, se quella diretta è evidente, viene vista e si prova a contrastarla, quella indiretta è ancora sconosciuta nei ragionamenti e nella valutazione delle scelte delle aziende ed anche negli accordi. Ci sono alcune prime esperienze positive, ma solo laddove ci sono state lavoratrici o compagne dell’organizzazione che hanno saputo svelare perché, norme, turni, orari, mansioni apparentemente neutre erano in realtà discriminatorie. Direi che anche nella nostra organizzazione gli uomini fanno fatica a riconoscere la condizione di privilegio che vivono.
Spesso l’atteggiamento maschile rispetto a molestie, abusi, atteggiamenti sgraditi dalle lavoratrici è quello di affermare io non mi comporto così; senz’altro vero ma non colgono il carattere auto assolutorio dell’affermazione, perché assistono e non intervengono, delegano esclusivamente alle donne il tema, per cui noi siamo sia le vittime sia coloro che devono risolvere la situazione. Dobbiamo riuscire a rompere questo muro di oggettiva complicità perché si affermi compiutamente un benessere, un agio delle donne nei luoghi di lavoro.
Il SOL, proprio perché orienta, indica come muoversi nel mercato del lavoro, può svolgere una funzione straordinaria di informazione e formazione, offrire gli elementi per non essere costrette a subire. Può essere luogo per dare forza alla reazioni, perché sia possibile convincersi che non è normale, non è un prezzo da pagare per poter lavorare.

Nei colloqui di assunzione da tempo denunci, e noi del SOL ne siamo testimoni di molte di queste segnalazioni da pare di donne e ragazze, che le aziende hanno ricominciato a fare certe domande alle candidate, tipo “sei sposata”, “hai figli” o “vuoi fare figli”. C’è il ritorno al maschilismo, è una questione di pregiudizio o non è cambiato nulla?

Durante un webinair ho sentito raccontare da una funzionaria di un’organizzazione datoriale il suo stupore e la sua indignazione di fronte a un curriculum, inviato da una giovane donna, che conteneva una certificazione di sterilità. Inutile sottolineare che sono dati giustamente protetti da privacy, ma se una giovane decide di metterli nel curriculum troviamo un’ulteriore conferma che le ragazze si confrontano con queste domande, che sono anch’esse forme di violenza.
La normativa vieta in tutti i casi di porle, l’interrogativo è sul non riuscire ad applicarla, perché non si esce dall’omertà e non si denuncia. La risposta la conosciamo: si è ricattabili e si fatica a trovare lavoro. Proprio per questo le organizzazioni devono esercitare controllo, raccogliere la denuncia, contrastare, sempre, pregiudizi e stereotipi, ampiamente diffusi, spesso introiettati anche dalle donne, che permettono a maschilismo e patriarcato di avvelenare la nostra esistenza.

Il disegno di legge sulla Parità salariale approvato dalla Camera dei deputati e licenziato dalla commissione lavoro al Senato estende la nozione di discriminazione (sul luogo di lavoro) anche al momento della selezione del personale, e all’organizzazione del lavoro nei modi e nei tempi. Di questo il SOL ha raccolto tante testimonianze:

-selezioni su cv le donne sono quelle più preparate ma si vedono scavalcate da uomini

-annunci di lavoro ingannevoli (segretaria/lavoro porta porta, barista/addetta alle pulizie ecc.)

-colloqui di selezione alquanto strani, in hotel, in orari serali, con invito a cena da accettare per avere il lavoro, disposizioni su abbigliamento, fino a vere e proprie molestie

Cosa diresti a queste ragazze e donne?

Il DDL sulla parità salariale fa indubbiamente un passo avanti, anche se lascia amarezza che per applicare una norma di civiltà quella della non disparità retributiva disparità di fronte ad eguaglianza di lavoro, si debbano introdurre incentivi e riconoscimenti alle imprese.

Credo che Sol debba utilizzare le testimonianze ed il patrimonio di conoscenze per organizzare la denuncia pubblica, per fornire a tutte e tutti gli elementi che permettano di reagire. In sintesi a non fare calare il silenzio che spesso caratterizza le discriminazioni. Alle ragazze, alle donne direi che bisogna reagire, pur conoscendo la fatica e la difficoltà, ma si può cambiare e noi siamo con loro, pronte a prendere parte.