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OFFERTE DI LAVORO: MOLESTIE E ABUSI IN RETE, MA NON SOLO

Non possiamo sapere se questa offerta di lavoro sia vera o falsa, probabilmente è solo una forma di esibizionismo che usa la rete come ai ve...


Non possiamo sapere se questa offerta di lavoro sia vera o falsa, probabilmente è solo una forma di esibizionismo che usa la rete come ai vecchi tempi si usavano i giardinetti: ne veniamo a conoscenza grazie al lavoro di informazione, condivisione e auto tutela di gruppi come "Basta con gli annunci di lavoro generici o ambigui". Quello che sappiamo con certezza è che i canali per l’incontro domanda offerta di lavoro sono una porta sempre aperta per offese, molestie e ricatti rivolti alle lavoratrici in cerca di occupazione, specialmente alle più giovani, più gravemente a quelle che (per qualsiasi ragione) si presentano come più vulnerabili. 

È doloroso e, per certi versi scoraggiante; sembra quasi che l’evoluzione della nostra società abbia portato, insieme alle misure di tutela del lavoro femminile, anche un peggioramento degli episodi estremi, come questo: una molestia che appare tra le offerte di lavoro, con un linguaggio simile a quello di un programma televisivo trash. Una normativa, eppure, ci sarebbe, la legge Biagi, che proibisce le offerte anonime e obbliga a pubblicare ragione sociale e partita IVA su ciascuna proposta di lavoro; la sua applicazione eviterebbe almeno episodi come questo ma non risolverebbe il problema della estrema debolezza e ricattabilità in cui si trova una donna che cerca occupazione in Italia nel 2023. 

Nella tenaglia tra vecchie discriminazioni e nuova precarietà, la ricerca di lavoro è un’area di rischio, nella quale ci si deve esporre anche ai peggiori meccanismi predatori, contro i quali la prudenza non è una garanzia.

Quando il lavoro è considerato come se fosse una merce rara, chi ha la possibilità di offrirne ha in mano un potere che, a torto o a ragione, ritiene assoluto. Talvolta è un potere esibito: “si richiede bella presenza”, “astenersi perditempo”, “età inferiore ai 35 anni”. Altre volte l’abuso di potere si nasconde dietro pratiche discriminatorie silenziose e ben mascherate, delle quali però si vedono i risultati nei livelli di occupazione, nelle carriere e nelle retribuzioni raggiunte da uomini e donne. Altre ancora l’abuso è sbattuto in faccia, ma avviene dietro porte chiuse e non potrà mai essere dimostrato in un tribunale.

Le operatrici e gli operatori dei SOL CGIL sanno bene quali ferite psicologiche stanno dietro allo scoraggiamento che allontana tante donne dalla ricerca di un lavoro, o le confina nei lavoretti che si trovano tramite il passa parola degli amici. 

Quella contro le molestie e in generale tutti i comportamenti aggressivi e discriminatori rivolti alle lavoratrici è una battaglia culturale che siamo lontani dal vincere, per noi della CGIL si tratta anche di una questione sindacale, perché riguarda la tutela della dignità delle lavoratrici, e quindi del lavoro in quanto tale. Quanto lontani non si sa, si spera meno di quello che sembra.