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UN NUOVO MODELLO PER IL SUD. INCONTRIAMO FILOMENA PRINCIPALE, SEGRETARIA CGIL PUGLIA

La Puglia, come del resto tutto il Sud Italia, vive da anni una situazione di esodo di giovani e meno giovani. Una situazione alla quale bis...


La Puglia, come del resto tutto il Sud Italia, vive da anni una situazione di esodo di giovani e meno giovani. Una situazione alla quale bisogna rispondere con una programmazione di sviluppo territoriale nuova e traguardare un modello che punti alla “piena e buona occupazione”.

Una progettualità che deve vedere protagonisti tutti gli attori sociali coinvolti: pubblico, privato ed il partenariato socio-economico nel suo insieme, per rispondere ad una esigenza non più rinviabile; anche la Formazione Professionale, sia a valere su Fondi Pubblici sia su quelli Privati, deve entrare in piena sinergia per concorrere a governare questi processi.

SOL CGIL intervista Filomena Principale, Segretaria Confederale CGIL Puglia con delega alla Formazione ed alla Contrattazione Territoriale, per uno sguardo d’insieme a questo nuovo modello.

Dal 2008 ad oggi circa 20 mila giovani hanno abbandonato la Puglia in cerca di un lavoro: questi sono solo alcuni dati che ci consegnano la fotografia della tendenza all’esodo verso Regioni del Nord, oppure verso Paesi Esteri da parte di tanti nostri conterranei.
Questo fenomeno ci consegna anche un dato di ricaduta in negativo, un impoverimento che colpisce, anche, da un punto di vista economico. Quali sono i punti cardine e le maggiori rivendicazioni che il Sindacato, oggi più di ieri, deve sostenere con forza?

Immaginare una inversione di tendenza vuol dire provare insieme - organizzazioni di rappresentanza del lavoro, il partenariato socio-economico ma anche i livelli delle istituzioni interessate - un percorso di crescita economica elevata e sostenibile nel medio- lungo termine. L’affidamento nelle risorse del PNRR non è sufficiente: e’ solo un pezzo piccolo della sfida. La crescita dipende dalla qualità degli investimenti e dalla capacità di realizzarli.
L’innovazione tecnologica è un pezzo di questa sfida, che esula dai settori tradizionali di investimento e che coinvolge le università, i centri di ricerca, la collaborazione con le aziende. Se pensiamo alla sfida tecnologica come mezzo per costruire i robot o le macchine intelligenti , rischiamo di incrementare ulteriormente le disuguaglianze e le tensioni sociali. Invece l’investimento deve riguardare crescita professionale e competenze e un nuovo modello di lavoro: più qualificato, più innovativo ma anche attento alla dimensione umana.

Di recente la Commissione Europea ha approvato il Programma della Regione Puglia per l’impiego dei Fondi da destinare al Fondo Sociale Europeo. La Regione Puglia ha già confermato Misure che rispondono ad una formazione per le fasce più giovani e ad un Orientamento per chi si trova in fase di “transizione” oppure che non ha bene chiaro il percorso professionale da intraprendere.
Le misure varate fino ad oggi rispondono in buona parte alle necessità di miglioramento ed aggiornamento delle competenze. Quanto può essere importante un buon percorso formativo per collegarlo ad un “lavoro di qualità” ?

La formazione rappresenta uno strumento indispensabile, quasi uno spartiacque, per determinare il cambiamento, non solo per accrescere competenze e conoscenza o per garantire il mantenimento di un’azienda sul mercato; la formazione, rappresenta - in questo momento e periodo storico - uno strumento che dobbiamo mettere a disposizione di lavoratrici e lavoratori, per potersi muovere nel mondo del lavoro attraverso un processo di apprendimento continuo: lavoratrici e lavoratori che devono essere messi nelle condizioni di restare aggiornati con le tendenze del mercato e del proprio settore di riferimento, o con le prospettive di una necessaria riconversione produttiva, come accaduto durante la prima fase della pandemia.
Una formazione continua, anche quando si esce dal mercato del lavoro, perché così evolve la professionalità ma anche la cittadinanza. Quando parliamo di investimenti in formazione oggi, dobbiamo pensare infatti, che la programmazione dell’offerta regionale deve essere unitaria e complementare con quella scolastica, oltre ad essere in grado di valorizzare le eccellenze.
La formazione continua post scolastica, post diploma, post laurea deve cioè essere collegata e in combinazione, con il sistema produttivo, unitamente alla formazione degli anziani ed in particolare con la transizione digitale.
La rivoluzione digitale in atto, infatti, oltre a rappresentare un cambiamento necessario che interessa il processo produttivo, ma anche la condizione individuale di ciascuno di noi, rischia che una vasta fascia di popolazione e del mondo del lavoro, viva con sofferenza il cambiamento e resti di conseguenza, emarginata.
Per questo è importante accompagnare processi di questa portata, attraverso un sistema formativo dove i diversi soggetti dialogano tra loro, sulla base delle esigenze dei territori e delle imprese e costruiscono un percorso lineare, progressivo, unitario, completo e, comunque, sotto l’egida del sistema istruzione.

E non saranno, inoltre, sufficienti le sole competenze tecnico-scientifiche per compiere il salto dell’innovazione: servirà un mix con le scienze umane e sociali, per far sì che lo sviluppo tecnologico sia orientato in maniera efficace, al servizio delle persone.
Pensiamo a tutte le nuove professioni legate alla cura della persona, che vanno oltre quelle tradizionali ormai conosciute del settore sociosanitario ed educativo.

Formazione Pubblica e Privata, a valere sui Fondi Europei e sui Fondi Interprofessionali, possono rappresentare una buona opportunità per meglio governare le transizioni digitale ed ecologica: il processo di adeguamento delle competenze deve necessariamente essere una leva di garanzia per una migliore occupazione, ma anche per una più facile ricollocazione nel Mercato del Lavoro.
Quali strategie si possono mettere in atto per governare ed unificare questi processi?

Migliore occupazione e miglior possibilità di collocazione nel mercato del lavoro vuol dire riuscire prioritariamente ad incrociare domanda ed offerta di lavoro perché questo rappresenta uno dei maggiori ostacoli all’occupazione. Credo che riuscire a creare un sistema univoco e integrato, di tracciatura delle competenze e di elaborazione delle offerte lavorative, che coinvolga operatori pubblici e privati, sia un primo passo. Ma anche formare figure specifiche nell’intera filiera pubblico-privata, per supportare le aziende nell’analisi del fabbisogno occupazionale può rappresentare un’occasione.
Come anche la realizzazione dell’Osservatorio del mercato del lavoro, al quale possano contribuire operatori pubblici e privati.

Ecco credo che una maggiore collaborazione pubblico-privato in grado di guardare strategicamente, ad un lavoro nuovo possa rappresentare non solo la sfida ma l’azione di un futuro che è già qui.